Si dice che il mare possa dare tutto e togliere tutto allo stesso istante. Forse proprio perché, in origine, è stato la culla della vita. Al mare deve tutto Andrea Lubrano, ex allievo dell’Accademia Niko Romito, il quale se l’anno che venne respinto al liceo non avesse avuto un padre di polso, che per punirlo della bocciatura lo costrinse a lavorare per tutta l’estate, probabilmente non avrebbe mai scoperto la sua passione per la navigazione e per la cucina.
Al lavoro perché bocciato a scuola
Nato a Napoli nel 1995, Andrea venne “punito” che aveva 17 anni. «Una punizione per modo di dire», sottolinea oggi il giovane cuoco. «Mio padre, titolare di un’agenzia marittima che da generazioni si occupa di servizi per yacht e navi mercantili, mi fece imbarcare come sesto membro dell’equipaggio su uno yacht di lusso, di quelli che vengono noleggiati per 100 mila euro a settimana ai miliardari in vacanza in Italia. Essendo il jolly, venivo sempre ricercato, non avevo un attimo di pausa. Il comandante mi cercava, i marinai mi cercavano, il cuoco di bordo mi cercava, le hostess mi cercavano… ero sempre al lavoro. Ma devo dire che il posto che mi piaceva di più era la cucina, accanto al cuoco di bordo».
Cuoco di bordo sullo yacht per miliardari
Proprio sullo yacht lungo 35 metri, che oltre all’equipaggio poteva ospitare fino a dieci persone, Andrea fa le prime esperienze ai fornelli. «A bordo si faceva una cucina molto particolare, fatta soprattutto di ingredienti freschissimi e di assoluta qualità, vista la tipologia della clientela. A me piaceva molto stare in cucina, e spesso aiutavo il cuoco a preparare il pranzo per l’equipaggio. Altre volte lo accompagnavo a fare la spesa durante uno scalo. Non avevamo fornitori fissi, e tutto quello che si acquistava era di alta qualità. A bordo non c’erano congelatori o frigoriferi spaziosi, per cui quello che si acquistava veniva consumato rapidamente: due o tre giorni al massimo».
«Non avevo neanche 18 anni che il comandante dello yacht, una volta attraccati a Marina di Riposto, in Sicilia, mi mandò da solo a fare la spesa al mercato ittico e a quello ortofrutticolo», comincia a raccontare Andrea. «Fu un’esperienza indimenticabile, che mi fece scoprire un mondo dove il calore nei rapporti umani e il sorriso contano moltissimo. I pescivendoli mi tagliavano tranci di pesce, li inzuppavano nell’acqua di mare e me li mettevano in bocca. Uscivo dal mercato che avevo assaggiato di tutto!».
Il ritorno a scuola
Ma questo percorso fatto di belle esperienze e di grandi soddisfazioni economiche (Andrea non era ancora maggiorenne, ma poteva già permettersi quello che voleva) non poteva proseguire a lungo. «A influenzarmi nella scelta di abbandonare il lavoro sullo yacht è stata l’età», riprende Andrea. «Ero troppo giovane, e nel frattempo i miei amici e i miei coetanei si stavano diplomando. Anche in famiglia premevano affinché prendessi il “pezzo di carta”, per cui studiai per fare due anni in uno e, dopo il diploma, mi iscrissi anche alla Federico II, facoltà di Giurisprudenza».
Due anni all’università, poi di nuovo mare
Dal 2014 al 2016 Andrea frequenta con poco profitto l’università. «Gli esami andavano a rilento, e anche se mi piaceva molto studiare e con l’università avevo senz’altro migliorato il modo di parlare e di presentarmi, alla fine mi resi conto che quello che mi piaceva di più era stare sullo yacht, e lavorare in quel mondo dove anche la cucina era differente da tutto il resto». Nel 2017 Andrea quindi torna ad imbarcarsi, e dopo pochi mesi diventa il responsabile della cucina. «Il cuoco di bordo se ne andò e io rimasi da solo», continua a raccontare l’ex allievo. «Proponevo una cucina italiana con influenza campana, che poi era ciò che chiedevano gli ospiti. Uno dei miei piatti più richiesti era la parmigiana di melanzane, ma anche il semplice spaghetto alle vongole raccoglieva sempre un ottimo successo».
Colmare il vuoto didattico
Tra il 2018 e gli inizi del 2019 Andrea continua a lavorare come cuoco sullo yacht, ma presto si rende conto che se vuole crescere professionalmente non può continuare a lavorare da solo in quel modo dorato. «Continuavo a proporre i piatti della tradizione italiana e campana, ma desideravo sempre di più far parte di una brigata e conoscere altre cucine», spiega Andrea. «Sullo yacht guadagnavo molto bene, ma mi imbarazzava dire che ero un autodidatta. Sentivo il bisogno di innalzare l’asticella della professionalità con lo studio e l’esperienza, di avere una base forte, avere una solida formazione professionale per quello che stava diventando il mio lavoro, il mio futuro. Se non lo fai a 24 anni, quando lo fai più?».
Andrea Lubrano si mette quindi alla ricerca di una scuola di cucina, e viene a conoscenza di un tre stelle Michelin che ha fondato la sua Accademia di alta cucina non lontano da Napoli, in Abruzzo.
«Fu mia madre a consigliarmi di dare un’occhiata alla scuola di Niko Romito, a Castel di Sangro, dove era stato anche un amico di famiglia, Giacomo Peretti. A convincermi fu proprio il programma dell’Accademia», sottolinea il giovane cuoco. «Ricordo ancora il giorno del colloquio a Castel di Sangro. La strada per Casadonna era completamente ghiacciata e io e mio padre rischiammo di non arrivare in tempo per le selezioni». Nell’aprile del 2019, superata la selezione, Andrea viene ammesso nella scuola di alta formazione di Niko Romito.
Il ricordo di Andrea Paternoster
«Ho iniziato la scuola di cucina con due mentori con i quali sono in contatto ancora oggi: gli chef Davide Mazza e Claudio Bellavia», dice il giovane cuoco. «Sono riusciti a tirarmi fuori quello che volevano. Il loro modo di rapportarsi con gli allievi è unico, da loro ho imparato davvero tanto. Non c’è nessuno che tocca la carne come chef Bellavia. Ma tra le lezioni che più mi hanno appassionato non posso non ricordare quella dedicata al miele, che aveva come docente il compianto Andrea Paternoster. Fin dalla prima lezione, quello che per me era un mondo complesso e lontanissimo – il mondo delle api – grazie ad Andrea diventò un mondo magico e affascinante. Ricordo che quando con gli altri allievi del corso andammo a raccogliere il miele – utilizzato a Casadonna per le colazioni – e a sistemare le arnie, rimasi da solo con Andrea a caricare il suo furgone. Entrai talmente in sintonia con lui che, prima di andarsene, volle regalarmi due mieli monovarietali di abete e di sulla, e mi disse: “Tu diventerai un grande chef, non vedo l’ora di rivederti. Vienimi a trovare!”. Purtroppo la pandemia prima e l’incidente in cui rimase vittima Andrea poi mi hanno impedito di onorare l’invito».
L’esperienza di Spazio Rivisondoli
Le altre lezioni che Andrea ha seguito con grande interesse sono state quelle di chef Adriano Baldassarre e del pastry chef Antonino Maresca, dopodiché è arrivato il mese di tirocinio formativo nel ristorante didattico Spazio Rivisondoli. «Abbiamo trascorso il mese di agosto a Rivisondoli ed è stata un’esperienza formativa e molto divertente», continua Andrea. «Lo chef Bellavia ha organizzato il lavoro con grande efficienza, insegnandoci il rispetto per la cucina, per i colleghi e per gli ospiti. Per la prima volta ho avuto la responsabilità in una partita, in quanto mi occupavo principalmente di amuse bouche, rigenero pane e pasticceria. Diversi i momenti emozionanti, come il sapere che stavamo facendo il tirocinio nel primo ristorante Reale, o quando abbiamo lasciato le nostre firme su un muro a stagione chiusa».
Il tirocinio a Spazio Milano
Andrea, insieme ad altri colleghi del 13° Corso, viene destinato a Spazio Milano per i sei mesi di tirocinio curricolare. «Entrai da stagista a occuparmi della pasticceria. Ricordo che io e Beatrice D’Argenio studiammo un dolce che solo dopo settimane riuscì a superare i requisiti e a soddisfare il palato della chef Gaia Giordano, e a entrare nella carta del menu di Spazio. Si trattava di un Babà con bagna in Alchermes, crema all’arancia e pochi zuccheri, in pieno stile Niko Romito. Milano per me rappresentò la prima vera sfida professionale in un palcoscenico esigente», sottolinea Andrea. «Ristorante pieno tutti i giorni, a pranzo e a cena, menù alla carta con lo standard di un tre stelle Michelin e grandissima mise en place. Un’organizzazione impeccabile, con una grande preparazione alle spalle».
Tra pandemia e desiderio di lavorare
A circa un mese dalla fine del tirocinio, la pandemia si fa sentire con tutta la sua forza. «Decisi di rimanere a Milano per non mettere a rischio la salute dei miei familiari», prosegue il giovane cuoco. «Mancavano venti giorni alla fine del tirocinio e, prima della chiusura di Spazio, noi stagisti ci mettemmo d’accordo che eravamo soddisfatti così. C’era troppa incertezza sulla riapertura, e preferimmo tutti concentrarci sull’esame finale». Dopo il primo lockdown Andrea torna a Napoli, e non appena i ristoranti riaprono si guarda in giro per rimettersi al lavoro.
«Venni a sapere che lo chef Nino Rossi stava cercando personale per il suo ristorante stellato “Qafiz”, in provincia di Reggio Calabria, e nel giugno del 2020 riuscì ad entrare nella sua brigata. Nel suo ristorante non c’erano molti coperti, e in cucina si era in pochi a fare preparazioni infinite. A settembre la brigata intera si trasferì a Villa Zerbi, dove si lavorava sui banchetti matrimoniali. Qui mi piacquero molto lo show cooking e l’organizzazione, che era quella di un ristorante stellato: tutti piatti serviti allo stesso momento, grandissimi direttori di sala, camierieri eccezionali. Fu una grandissima esperienza».
Un’insalata speciale per l’esame finale
Al Qafiz Andrea resterà fino a dicembre 2020, ma prima, nel mese di ottobre, viene chiamato a Castel di Sangro per l’esame finale. «Il tema dell’esame era dedicato agli ortaggi autunnali», riprende l’ex allievo. «Ebbi un lampo di genio, perché le feste di Natale erano vicine e io mi ricordai di una preparazione che mia nonna Anna faceva utilizzando tutti gli avanzi del pranzo di Natale. È la cosiddetta “insalata di rinforzo”, piatto della tradizione natalizia che mia nonna realizzava con una variante, ma che in passato era un piatto che andava a rafforzare il cenone della vigilia di Natale. E a casa mia c’era chi non la mangiava mai», sorride Andrea. «La variante di mia nonna comprendeva l’utilizzo del baccalà, oltre alle classiche acciughe, all’uovo sodo, all’insalata e ai peperoni tipici napoletani, le pappacelle. Ci misi tutto il mio impegno e tutta la mia forza per creare questo piatto, unendo le varie tecniche che avevo imparato lavorando in cucina».
Applausi al piatto ispirato dalla nonna
Andrea decise di caratterizzare meglio il sapore complesso dell’insalata di rinforzo, dandogli un gusto più amaro e pungente.
«Utilizzai i semi della qualità di colore rosso che lasciano un lieve sentore di piccantezza, ma soprattutto sprigionavano nell’estratto, e conseguentemente nella riduzione a glass, l’amaro che volevo: netto, pulito. Con quel caramello di pappacelle ho creato la base del piatto. Quindi ho fatto fermentare velocemente, con tecnica giapponese, un cavolfiore, ho aggiunto le acciughe, la cipolla rossa in agrodolce, un gel di olive verdi, un paté di olive di Gaeta, una salsa di capperi lavorati con il Pacojet, il pepe lungo e infine il baccalà, che tanto volevo inserire nell’insalata in onore di mia nonna. Ma con il baccalà ne uscì un “gioco”: prima lo trasformai in un latte di baccalà, poi con quest’ultimo feci un dulce de leche di baccalà. Ricevetti complimenti e applausi a scena aperta», si commuove Andrea «e vinsi anche la borsa di studio come primo classificato».
Voglia di lavorare all’estero
Concluso il percorso all’Accademia, Andrea continua a lavorare al Qafiz per altri due mesi, ma sente di dover completare la sua formazione con un’esperienza importante all’estero. «Inizialmente avevo pensato all’Inghilterra, ma lì la situazione nel 2021 era diventata difficile. Da alcuni colleghi sentii invece parlare bene della Spagna, dove molti grandi chef avevano deciso di aprire i loro ristoranti. Mandai diversi curriculum, e nel frattempo mi rimisi a fare la stagione come cuoco a bordo dello yacht. Resto sullo yacht da maggio a settembre 2021, o meglio fino al 15 settembre 2021, quando ricevo dal ristorante “Aponiente” dello chef Angel Leon un’email che mi invitata a iniziare lo stage al suo ristorante 3 stelle Michelin. Il 16 settembre ero a Cadiz, in Spagna, a lavorare come stagista per chef Leon».
In Spagna, nella cucina di mare dell’Aponiente
Il ristorante Aponiente dedica l’intera proposta gastronomica al mondo del mare, con piatti probabilmente unici al mondo. «Ad esempio trattiamo le uova di un granchio bioluminescente, che quando si muove di notte sprigiona una luce blu», riprende a raccontare Andrea «oppure il cetriolo di mare, o le erbe spontanee allevate con acqua salmastra per poterle abbinare ai piatti di mare… Molti progetti collaterali nascono anche con l’intervento dei fornitori, mentre con altri chef stellati si creano eventi internazionali, come avvenuto con Mauro Colagreco del “Mirazur”, Riccardo Camanini di “Lido 84” o lo chef peruviano Virginio Martinez del ristorante “Central” di Lima».
Conclusi i tre mesi di stage, nel 2022 Andrea accetta la proposta di contratto e per sei mesi, ad Aponiente, cura la partita del “Caliente” e per sei mesi quella del “Frio”. Con la fidanzata Nerea, professionista di sala che lavora con lui all’Aponiente, comincia a ipotizzare un riavvicinamento in Italia. E l’occasione, imperdibile, si presenta grazie all’offerta del Gruppo Jumeirah, proprietario dell’hotel “Burj al-Arab”, più famoso come “La Vela” a Dubai, e del “Capri Palace” sull’isola di Capri. «Dal mese di aprile lavoreremo al ristorante “L’Olivo” del Capri Palace: io come chef turnant e Nerea come addetta di sala, entrambi assunti da uno dei gruppi più prestigiosi del settore», riprende il giovane cuoco. «Al timone della cucina dell’Olivo, dal 2011, c’è l’Executive chef Andrea Migliaccio, due stelle Michelin. Sarà un grande onore lavorare con lui, così come sarà importante riavvicinarmi ai miei genitori. Lo chef Angel Leon nel salutarci ha tenuto a farci sapere che per noi la porta dell’Aponiente sarà sempre aperta. Io e Nerea siamo stati benissimo con lui: oltre alla stima e all’affetto conquistati sul campo, abbiamo la consapevolezza di aver lasciato un buon ricordo in tutti i nostri colleghi», conclude Andrea.
RISTORANTE L’OLIVO – CAPRI PALACE
Via Capodimonte 14, 80071 ANACAPRI (NA)
@RIPRODUZIONE RISERVATA